La vita attorno al JukeBox del Riglar
Negli anni ’60 al Riglar avevamo un Juke Box. La vita allora era molto diversa da oggi. Il tempo scorreva lento ed era dominato dalla vita locale. Il Riglarhaus era già allora un luogo di incontro e convivialità a Sauris e la gente vi si ritrovava a scambiar due chiacchiere, a bere un “bicèr de vin” e magari anche ascoltare le storie altrui e scambiare esperienze.
Sono passati un bel pò di anni da quel periodo, ma stamane al bar abbiamo incontrato al bar Gino Lucchini e ci ha riportato alla memoria i tempi del nostro JukeBox, qualcosa che ha animato negli anni ’60 lo spirito saurano.
Ora quindi abbandoniamo il cellulare e lasciamoci trasportare dal racconto di Gino!
La vita al ritmo lento
(Gino): Oggi tutti sono in corsa, sono stressati, tutto per seguire le mille cose che dobbiamo fare: pagare bollette, sbrigare questioni negli uffici, per la posta, per le tasse, per risolvere problemi che al tempo non c’erano. A quel tempo c’era un solo momento in cui questo accadeva, quando arrivava il “daziario” in casa per riscuotere le tasse, una volta sola all’anno. Il resto del tempo era nostro. Solo nostro. E il nostro tempo lo vivevamo al meglio nella comunità.
Era uno stile di vita diverso diverso da oggi, che probabilmente insegnava alla gente a stare insieme per aiutarsi e a vivere la solitudine senza tristezza. Del resto a quel tempo quando si voleva stare soli lo si faceva senza sentirsi soli. Sì perché la comunità era sempre presente. Oggi forse i giovani non sono abituati, perché tutti sono dispersi in tanti lavori che svolgono ognuno per sé, tutti necessari dalla nuova economia. Ma con la fretta si perdono tante cose buone.
Essere i padroni del proprio tempo
Qui a Sauris il Juke Box del Riglarhaus era il simbolo di uno stile di vita che ruota ancora oggi intorno ad una vita locale dal ritmo vivo e sano. Era qualcosa che ci animava e che ci dava l’occasione di vivere serenamente, seppur lavorando tanto.
A quel tempo il costume di vita comune a Sauris era quello di aiutarsi nei lavori e nei bisogni, per consentire a ciascuno di “essere padrone del tempo“. Essere “padroni del proprio tempo” è qualcosa che oggi si dimentica facilmente, ma è importante: è uno stile di vita che insegna a non alimentare l’individualismo bensì a lavorare insieme per trovare anche quel tempo di sosta per pensare e vivere la spensieratezza.
Juke Box e la vita al ritmo lento
Ma prima di capire cosa centra il Juke Box, sentiamo il Gino ancora:
(Gino).. A quel tempo quando era tempo di fienagione, ad esempio, l’intera comunità andava a falciare insieme l’erba. Era abitudine andare a compiere i lavori in modo allegro e conviviale, dove partecipavano tutti: uomini, donne, adulti, giovani, anziani, piccoli… tutti partivano a piedi in montagna e partecipavano “a falciare l’erba”. Le donne giovani con i loro bebè venivano insieme ai loro piccoli e ci si chiamava di valle in valle con degli “Yaho”, felici di ritrovarsi a fare tutti insieme questo lavoro. Anche i piccoli imparavano ad usare la falce e tutti cantavano e lavoravano allegri, facendo pausa insieme, mangiando sui campi ed imparando a condividere tutto.
Era un modo di vivere la vita che “suonava” a tutti più semplice. Certo, non offriva le continue novità e informazioni che oggi Internet ci dona, ma consentiva di vivere quelle poche che c’erano come una festa, entusiasmante e ricca di emozioni.
“A quel tempo la gente viveva il tempo in modo diverso. Non era come oggi che tutti hanno l’auto e si muovono ciascun per sè. Si viveva più vicini, avevamo dei giochi che ci accomunavano e ci si trovava per giocare a carte, a briscola, a tressette o alla morra.
La morra?
Si, dopo il lavoro si veniva al Riglar per giocare alla morra. Arrivava gente anche da Ampezzo, da Tolmezzo e anche dal Cadore. La mora era un gioco che “scaldava”, che eccitava perché il gioco “ti faceva teso e allora capitavano spesso delle baruffe”. Il gioco venne proibito per legge, ma il piacere era veramente coinvolgente. Il 6 era “hey!”, il 5 e 5 era “morra!”, il 4 era “quatter!” e il due era “dò!”… tutto il gioco era veloce, proteso per capire l’avversario e intuire dove “prenderlo nella sua parte debole”: qui in Carnia l’abitudine era di guardare l’avversario in faccia per prevenire i suoi numeri, mentre i cadorini erano conosciuti nell’essere velocissimi nel dire i numeri. Si giocava a coppie per ore e tutti volevano sfidare i vincenti e naturalmente si beveva”
E il Juke Box del Riglar?
“Ah sì!. Al Riglar c’era il Juke Box. Era alto, grande. Con 100 Lire si sceglieva la musica con una manopola che faceva scorrere i dischi fino a trovare quello che si sceglieva schiacciando un bottone. Poi tutti … a ballare!
Si ballava tanto veramente! Musiche folk che scaldavano, musica slovena, con trombe e clarinetti ma anche i grandi del tempo, la Rita Pavone, Mina, Milva…
Ci si trovava tutti sempre il sabato e sopratutto la domenica. E mentre si ballava c’erano quelli che giocavano alla morra su due tavoli sopra i quali erano appesi salumi e speck. Il JukeBox andava non-stop e ogni tanto arrivavano in autunno anche gli alpini che mettevano su la musica del “silenzio” con la tromba”
Quando il Juke Box del Riglar diventava il centro della vita!
C’era un momento dell’anno in cui al Riglar il Juke Box suonava giorno e notte non stop: a Carnevale. Si ballava 3 serate e due giorni di fila. Con quel Juke Boxe eravamo tutti più vicini a quel tempo. Le donne andavano in stalla a dare da mangiare alle mucche e poi ai figli e poi venivano subito al Riglar e si ballava tutta la notte fino al mattino quando tornavano a dar da mangiare alle mucche per poi ritornare subito dopo a ballare e a cantare. A cantare tanto, veramente tanto….”
Eravamo i padroni del tempo!
Si ringrazia Gino Lucchini, saurano doc, per la simpatia e la condivisione di esperienze di vita autentiche! E anche se il Juke Box se ne è andato, Gino lo trovi spesso al Riglarhaus e non mancherà di catturarti con la sua convivialità.