Sauris conserva molte memorie antiche sulla storia della nostra comunità.
Chi ama uscire dal tempo e collegarsi ad un sentire che appartiene da sempre all’essere umano, qui a Sauris può andare a caccia di luoghi che conservano vicende che stanno in equilibrio tra la storia e la leggenda. Ascoltiamo le preziose informazioni che ci riporta Lucia Protto del Centro Etnografico di Sauris.
“Secondo i racconti locali, la comunità di Sauris/Zahre fu fondata da due soldati tedeschi che, stanchi della guerra, fuggirono dal loro paese e si rifugiarono in questa valle isolata ed impervia. Dapprima vissero di caccia, poi di agricoltura e allevamento, disboscando e dissodando i terreni.”
Di certo questa vicenda, vera o leggendaria che sia ha un che di vero. I saurani sono una popolazione le cui origini erano al di là delle Alpi, Tirolo, Carinzia, di certo una stirpe alpina germanofona che passò lo spartiacque e si insediò nell’alta Val del Lumiei intorno al 1250 della nostra era. Era l’epoca in cui Federico II e il suo influsso culturale influenzava i costumi e la vita di tutto il suo impero. C’è un retaggio particolare lasciato da questo re, la cura per gli animali e la falconeria, un’arte che diviene particolarmente viva in quel secolo. Così Sauris viene citata per la prima volta in un primo documento del 1280 in cui si recita…
“tra i possedimenti di Awardo, signore di Socchieve, una “aira” di sparvieri ed un’altra di astori “in contrata de Sauris”.
Antichi equilibri tra uomo e natura
E’ il primo documento nel quale si conferma l’esistenza della comunità della valle. E nello stesso secolo iniziano a comparire altri documenti che attestano l’esistenza di due paesi: Sauris di Sotto (Dörf) e Sauris di Sopra (Plozn), con le rispettive chiese di S. Osvaldo e S. Lorenzo.
Questi e altri documenti che testimoniano le origini della comunità erano custoditi nella canonica di Sauris di Sopra che, a causa di un incendio avvenuto nel 1758, si perdono tra le ceneri. Sauris e la sua storia rientrano quindi nella leggenda, tuttavia la memoria di Sauris non si basa per fortuna solo su una tradizione scritta. Se fosse solo così sarebbe solo teoria. Nella vita pratica, Sauris infatti conserva il vero segno primario della sua storia che è l’identità linguistica della sua popolazione.
L’identità alpina – Antichi equilibri tra uomo e natura
Non siamo i soli a sud delle alpi nel conservare un’identità linguistica tedesca, o meglio di una lingua tedesca originaria che oggi non si parla più. Molte valli dell’arco alpino infatti hanno vissuto un fenomeno di colonizzazione graduale da parte di genti di lingua tedesca, genti che erano pronte a vivere la montagna, come i Walser in Valle d’Aosta e Piemonte, i Cimbri (Trentino e province di Vicenza e Verona), i Mòcheni (Trentino) e il nostro ceppo qui a Sauris/Zahre che probabilmente è cugino con quello di Sappada/Plodn (provincia di Belluno) e di Timau/Tischlbong. In comune molte tradizioni, quali una misteriosa tradizione “mineraria” ormai abbandonata e la capacità di vivere in simbiosi con l’ambiente, condurre attività agropastorali, sviluppare un’economia veramente sostenibile, dove il legno era la materia prima per costruire case, stalle e fienili, attrezzi agricoli, carri, utensili e arnesi da lavoro.
Per 700 anni di storia a Sauris i prati venivano sfalciati fino alle cime ed il territorio era curato per consentire che il fieno potesse essere conservato nei fienili o temporaneamente in piccoli fienili direttamente sui campi, gli “hitn” dai quali si prelevava il fieno in autunno per essere trasportato in paese con le slitte.
Antichi equilibri tra uomo e natura a Sauris
Il bestiame era curato e condotto nei pascoli secondo un programma d’alpeggio che teneva conto del tipo di erba in base ad un rapporto tra quota d’altitudine e stagionalità, dove veniva prima l’animale e poi l’uomo: erano infatti le famiglie a spostarsi per seguire gli animali e non esisteva una data prefissata di rientro a valle, perché tutto era soggetto al tempo.
Questa “sensibilità” produceva quel sapere che ha consentito alla nostra popolazione di sopravvivere per oltre 8 secoli in quota, imparando a prevenire le difficoltà dettate dai climi rigidi dell’inverno con saggezza. Questo valeva anche per i prodotti della terra e la conservazione di orzo, segale, avena, grano saraceno, rape, fave, cavoli cappucci, del lino e della canapa, oltre alla lana delle pecore, con cui venivano filati e tessuti proprio qui, a Sauris.”
Come tutte le popolazioni alpine, i nostri avi sapevano barattare i propri prodotti con quelli che non potevano produrre localmente, quali il grano il granoturco, la frutta, il sale, (indispensabile alla conservazione dei cibi), ciò fino al 1420 quando la Repubblica di Venezia divenne possidente delle terre del Friuli e non mancò di sfruttare il taglio dei boschi di Sauris. Si crearono attività di lavoro intensivo del legname e alle famiglie originarie si aggiunsero nuovi abitanti.
Nel 1700 queste esigenze si ridussero e anche Sauris comincia a vivere gradualmente un periodo di scarsa sostenibilità economica per la sua comunità, motivo per cui durante le stagioni più fredde molti si spostarono come tessitori e sarti in pianura o come falegnami e boscaioli in Austria e muratori in tutto l’arco alpino. Il lavoro manuale e artigiano è sempre stata una virtù che abbiamo coltivato, ma l’amore per la terra di Sauris faceva sì che in estate questa gente tornava per curare la propria fienagione.
Il grande cambiamento del secolo scorso avvenuto con l’apertura della strada dal fondo valle ha fatto sì che molti saurani lasciassero il paese, consentendo un po’ alla volta alla nostra valle di recuperare quel rapporto naturale tra abitanti umani e superfice della territorio che considera regina la nostra natura e lega il nostro sentire all’ identità più originale.